IL GRUPPO DI ANTROPOLOGIA SOCIALE DELL’ANTICHITÀ

Al fine di favorire la ricostruzione di riti civili e religiosi in uso presso gli antichi Romani, il Gruppo Archeologico di Villadose ha creato una sezione di antropologia sociale dell’antichità. Dopo un attento studio delle fonti antiche e di saggi di storici e l’osservazione di pezzi archeologici la sezione è riuscita a ricostruire una serie di riti che elenchiamo:

- Il matrimonio secondo la descrizione di Catullo (1997, 1999)

- La cerimonia di assegnazione delle terre ai legionari (1998, 2000, 2005)

- I riti in onore di Cerere (2001)

- I compitalia (2002)

- Il processo civile (2003)

- I riti propiziatori alla semina (2005)

- Saltationes nuptiales festa di nozze (2001)

- Roma amor bellum Ispirata alla storia di Zenobia, regina siriana che osò sfidare i romani. Danze, suoni, luci e parole saranno l’occasione per rivivere una vera storia del passato (2002)

Ai riti prendono parte una ventina di persone che realizzano i costumi e gli arredi necessari a presentarli al pubblico.


IL MATRIMONIO SECONDO LA DESCRIZIONE DI CATULLO NEL CARME 61

“Signore del colle Elicona, figlio d’Urania, che affidi

la timida sposa al marito

Imeneo Imen,

o Imen Imeneo ......”

con questi versi il grande poeta Catullo celebrava la festa di nozze dell’amico Manlio, ed è con questi versi recitati da un coro di iuvenes et puellae che si apre la cerimonia rievocativa del rito secondo le usanze dell’antica Roma nel I secolo a.C.

Dalle informazioni che Catullo ci trasmette apprendiamo che la sposa, ancora quasi una bambina, abbandonava la sera prima la sua veste infantile, la praetexta, per indossare il bell’abito di nozze in attesa del grande giorno del matrimonio. Le porte di casa venivano adornate di corone fiorite, di fronde di mirto (sacro a Venere) e di alloro (sacro ad Apollo) e con nastri colorati. All’alba continuava il rito della vestizione per opera delle donne di casa, che intrecciavano alla giovane i capelli con nastri e le coprivano il capo col flammeum il velo nuziale arancione e le cingevano la vita con una cintura dal nodo speciale (detto di Ercole).

Incominciavano allora a giungere gli invitati, e la sposa col viso coperto dal velo compariva accompagnata dalla fedele pronuba. Quindi dopo aver consegnato all’altare dei Lari della casa alcuni giocattoli della sua spensierata infanzia, assieme alla affezionata nutrice, si portava di fronte all’ara, a fianco dello sposo. Qui, il sacerdote (flamen) a capo coperto, officiava la cerimonia.

Dalla lettura delle viscere di un animale appositamente sacrificato, usciva il presagio sul futuro di quel matrimonio, quindi all’invito del flamen gli sposi mangiavano insieme un pezzetto della torta di farro come segno di condivisione del futuro desco domestico.

Feliciter, feliciter, feliciter” si alzava gioioso l’augurio di parenti ed amici che con la coppia nuziale, si dirigevano in corteo verso la casa dello sposo dove si concludeva il rito con l’offerta dell’acqua e del fuoco alla novella sposa che alla domanda: “Quaenam es?” (chi sei?) rispondeva: “Ubi tu Gaius, ego Gaia”.


L’ASSEGNAZIONE DELLE TERRE AI LEGIONARI

I soldati veterani, milites che avevano servito nell’esercito per 25-30 anni, venivano ricompensati con un appezzamento di terra e potevano così mettere su famiglia e diventare “agricolae”.

Dopo la realizzazione della centuriazione, che richiedeva grandi lavori sul territorio di bonifica, disboscamento, realizzazione di strade e scavo di canali, venivano individuati i lotti di terreno da assegnare.

Questa assegnazione avveniva per sorteggio, tanto che i lotti di terreno prendevano il nome di sortes. Magistrati civili e militari oltre che rappresentanze sacerdotali presiedevano alla cerimonia solenne. Ad assegnazione avvenuta l’agrimensore rappresentava graficamente il territorio su una pianta chiamata forma che costituiva il documento ufficiale di proprietà. Nella ricostruzione voluta dal gruppo di archeologia sperimentale è adottata la formula dell’assegnazione per sorteggio a tre veterani della legio I italica. Ad essi “novi agricolae” del vicus centuriatus di Villadose vengono assegnati simbolicamente due iugeri di terra, individuati nella carta centuriata e i simboli del pane (spighe) e del vino (tralci di vite) come augurio di prosperità futura.

I CERIALIA

Alla dea Cerere, Demetra per i Greci, erano dedicate le Feste Ceriàli, che si svolgevano dal 12 al 19 Aprile (Ovidio, Fasti, IV). La dea era preposta alla fertilità dei campi e in particolare alla crescita dei cereali. la cui coltivazione aveva insegnato agli uomini. Iconograficamente viene raffigurata come una donna rivestita di peplo, coronata di spighe, con una torcia nella mano destra e un fascio di spighe nella sinistra. Cerere era per eccellenza la dea dei plebei. Gli iniziati, rappresentati con una corona di spighe sul capo e un ramoscello nella mano, bevevano una miscela di orzo e acqua insaporita di menta per preservare la purità rituale che non consentiva di gustare il vino.

La sezione di Antropologia Sociale dell’Antichità sulle tracce di Omero, Virgilio e altre fonti, ne ha rievocato il mito e drammatizzato un’invocazione.


I COMPITALIA

Avveniva nelle campagne all’incrocio fra un cardine e un decumano presso un altare cui veniva appeso un aratro spezzato allo scopo di celebrare la fine dell’anno agricolo. Ogni abitante libero delle fattorie della zona, protette da numi detti Lares Compitales, portava sull’altare una bambola di lana per ogni componente della famiglia e una palla di lana per ogni schiavo. Al termine contando le palle e le bambole era possibile censire gli abitanti della zona. Ogni famiglia offriva dolci e miele e si sacrificavano maiali. In quell’occasione gli schiavi potevano godere di un giorno di libertà.


IL PROCESSO A CILONE

Presso il Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo è conservato un cippo in trachite ritrovato a Villadose nel 1854 che riporta un’iscrizione relativa a un patto stretto tra un certo Rufo e Cilone per la concessione di un passaggio d’acqua.

Dopo aver studiato l’epigrafe e alcuni aspetti del diritto civile romano, la Sezione di Antropologia Sociale dell’Antichità ha creato una trama che vede come protagonisti questi due antichi abitanti di Villadose.


LA DANZA E LA MUSICA

Nel mondo romano l’arte delle muse comprendeva il testo poetico, la melodia ed anche la danza. Questa, circoscritta all’inizio alle occasioni solenni, a partire dal II secolo a.C. entra anche nelle case private per allietare le feste e i banchetti. Le evoluzioni erano delicate ed armoniose accompagnate spesso da crotali e cembali. Caratteristica era la danza dei Salii che percuotevano i sacri ancili con delle aste.

La danza romana risentiva dell’influenza greca e richiamava entusiasmo, desiderio e gioia. Nell’arte delle muse la declamazione poetica e le evoluzioni della danza accompagnavano il canto. In breve tempo a Roma la musica si diffonde e fioriscono nuovi generi di spettacolo come il mimo e il pantomimo in cui si fondono danza e canto. Danzare al suono dell’arpa era una specialità delle donne siriane ma si diffusero anche le danze con veli e volteggi al ritmo dei crotali, antesignani delle nacchere spagnole.



Tredici anni di ricostruzioni romane a Villadose (RO), tra archeologia sperimentale e divulgazione


Nel 1993 il Gruppo Archeologico di Villadose organizzò la rievocazione di un convivium con i cibi della Roma antica presso la cinquecentesca corte Casalini di Cambio di Villadose. La manifestazione ebbe un grande successo di pubblico e avvicinò per la prima volta i soci del GAV al problema di studiare e riproporre forme di vita dell’antichità classica.

Da allora nel Gruppo si è sviluppata una sezione interessata a tali tematiche ed è quindi nata l’idea di organizzare a partire dal 1996 la “Rievocazione del mercato della centuriazione romana”. L’obiettivo iniziale era di creare una manifestazione per divulgare alla popolazione i sorprendenti risultati ottenuti dal GAV con la ricerca di superficie. Si era allora appena concluso un survey durato sette anni, su un’area di 9400 ettari di centuriazione nei comuni compresi tra Adria e Rovigo con l’individuazione di quasi 350 siti archeologici. Si volevano proporre al pubblico alcuni aspetti della vita degli antichi coloni della centuriazione per portare la gente alla consapevolezza del patrimonio archeologico emerso dal territorio, processo fondamentale per arrivare ad una sua tutela. La consapevolezza delle proprie radici romane, ha avvicinato molta gente allo spirito della manifestazione che si è così consolidata anno dopo anno.

All’interno del Gruppo si è sviluppato un gruppo di antropologia sociale dell’antichità che studia e mette in atto riti e cerimonie degli antichi Romani. Nel giro di qualche anno sono state messe a punto la rievocazione del matrimonio secondo la descrizione di Catullo del I sec. a.C., la cerimonia di assegnazione delle terre ai coloni della centuriazione, i riti propiziatori in onore di Cerere e il rito in onore dei lares compitales.

Accanto a questo, grazie all’interessamento di un socio del GAV è nato il gruppo di danze antiche ed etniche. Questo sulla base di musiche ricostruite, suonate usando gli strumenti riprodotti con tecniche di archeologia sperimentale, è riuscito a proporre una serie di danze, sia sacre che per allietare, particolarmente suggestive. I costumi delle danzatrici sono fedeli copie di quello indossato da una menade riprodotta su una lamina di rame trovata nella centuriazione durante le nostre ricerche di superficie.

Infine è nato un gruppo di legionari che abbiamo denominato Legio I italica. Con l’aiuto di alcuni valenti fabbri locali, siamo riusciti a riprodurre buona parte dell’equipaggiamento e a presentarci in pubblico nel corso di marce molto ammirate. Ultimamente grazie alla collaborazione con L’istituto di archeologia sperimentale “Ars Dimicandi” sono state approfondite le tecniche e le tattiche di combattimento dei legionari romani che vengono riproposte nel corso di spettacolari esibizioni.

Il contatto avuto nel tempo con gruppi particolarmente preparati nell’archeologia sperimentale come il gruppo di musiche antiche Synaulia, i legionari olandesi della Legio X Gemina, i gladiatori della Familia Sullana hanno permesso al Gruppo di Villadose di migliorare le sue performances e il suo equipaggiamento, tanto da ottenere l’invito al raduno europeo dei gruppi romani di Aalen che si tiene ogni due anni presso il Limesmuseum della città tedesca.

La nuova sensibilità nata, il desiderio di migliorare le tecniche sperimentali e la volontà di avvicinare altre persone alle tematiche dell’archeologia sperimentale, ci ha spinti ad organizzare nel 1999 il I convegno di archeologia sperimentale ora giunto alla sua X edizione. La partecipazione degli studiosi e degli esperti è stata spontanea ed entusiastica e le relazioni presentate sono state estremamente interessanti e molto pratiche. E’ stato per noi un obbligo, visto l’interesse dei contenuti emersi, e le richieste del pubblico, procedere alla pubblicazione degli Atti, anche grazie alla disponibilità dei relatori, tutti pronti nell’inviare i loro interventi. Quest’anno siamo giunti alla X edizione del nostro Convegno che ha coagulato a Villadose l’attenzione dei Gruppi di archeologia sperimentale interessati all’età romana e di vari gruppi di reenactment e di ricostruzione storica.

Il nostro piccolo contributo allo sviluppo dell’archeologia sperimentale, che ricordiamo, ha notevoli potenzialità didattiche, può costituire un serbatoio cui attingere per lo studio della storia nelle scuole di qualsiasi ordine. Inoltre può dare spunti a operatori museali preparati per interventi didattici e divulgativi mirati ad avvicinare il grande pubblico ai temi della storia e dell’archeologia.

I risultati conseguiti a Villadose ne sono un esempio e una conferma. La rievocazione della centuriazione romana che ogni anno coagula nella cittadina polesana migliaia di appassionati di storia romana ha finito per consolidare anche negli abitanti meno scolarizzati la consapevolezza delle radici antiche del territorio legate alla centuriazione. Il nostro piccolo museo viene visitato ogni anno da migliaia di cittadini e ogni anno un pubblico maggiore viene attratto dalle ricostruzioni dell’archeologia sperimentale e si cimenta nello studio della storia e dell’archeologia romana. Si tratta di un modo originale di fare cultura e di ricostruire l’identità culturale di una popolazione.


Il presidente del GAV

Dr. Enrico Maragno